Filotea: la pasta antica che affascina gli USA

banner_01Oggi vi raccontiamo la storia di Filotea. Ma state tranquilli…nessuna reminescenza di storia greca antica.

Filotea, ai giorni nostri;  è una piccola realtà artigiana nel cuore delle Marche nata nel 2004 con la volontà di fare la pasta allo stesso modo di come la si faceva una volta. La pasta all’uovo Filotea viene infatti realizzata secondo l’antica ricetta Marchigiana, seguendo alla lettera l’antico processo di lavorazione. Questa lavorazione artigianale e paziente è fondamentale per ottenere un prodotto unico nel suo genere, con peculiari caratteristiche di leggerezza e digeribilità e con una elevata capacità di assorbire i sughi esaltando ogni tipo di preparazione.

Nello stabilimento di Ancona, dove trovano impiego 8 “artigiani” la sveglia suona presto: attorno alle 5. Qui si producono ogni giorno circa 1000 kg di pasta che si esporta in numerosi Paesi tra cui Inghilterra, Stati Uniti, Germania, Canada e persino Singapore.

Abbiamo deciso di rivolgere alcune domande a Francesco Severoni, amministratore unico e responsabile commerciale del mercato italiano.  Severoni è un autentico ambasciatore delle sua terra, il suo sorriso e i suoi modi gentili, a tratti francescani, sono un marchio di fabbrica che affascinano. Nel corso dell’intervista – durante la quale si scopre che il nome Filotea ha davvero origini greche e significa “amica di Dio” – emerge in maniera vivida uno spirito imprenditoriale che si rifà genuinamente all’Economia Civile di matrice partenopea, la quale offre una visione “allargata” del rapporto mercato-società nel quale possono esistere principi “altri” dal profitto e dallo scambio strumentale.

Severoni, cosa aveva in mente quando hai deciso di intraprendere questa avventura?

“L’idea è venuta assieme a Pietro Giugliarelli, attualmente responsabile commerciale estero e amministrativo: abbiamo creato l’azienda dal nulla. Volevamo riscoprire l’antica ricetta marchigiana usata  dalle  nostre nonne. Sin da subito volevamo far conoscere a più persone possibili questa nostra eccellenza e insegnare loro, con un pizzico di sana presunzione, a mangiare bene. Insomma, senza accorgermene ti ho riassunto la nostra mission aziendale.”

Tramite il suo lavoro cosa intende trasmettere ai suoi figli?

“Vorrei trasmettere loro che non si lavora solo per denaro, ma anche per passione, e che con volontà e sacrificio è possibile realizzare i propri sogni!  Dare lavoro ad altre famiglie, lavorare in sintonia e nel rispetto umano e professionale, queste sono le nostre soddisfazioni.”

Vi ispirate all’antica tradizione marchigiana: qual è il ricordo più vivido che conserva di quelle domeniche trascorse in famiglia?

“Il ricordo, oltre all’immagine di mia nonna,  è soprattutto quello di mia madre che faceva per tutti noi – non solo la domenica, ma anche gli altri giorni della settimana – gnocchi, tagliatelle, strozzapreti e altre specialità della nostra terra. Per me è un modo di tenere viva la tradizione della pasta fatta in casa e con essa anche il ricordo di mia madre, che non c’è più.”

Siete molto attivi negli Stati Uniti. Come venite accolti nella patria del junk food?

“Una parte degli statunitensi, al contrario di quanto si potrebbe pensare, è particolarmente attenta e sensibile ai prodotti artigianali e rappresenta per noi uno dei più interessanti mercati di destinazione. Entusiasti consumatori della nostra pasta e munifici dispensatori di complimenti tramite e-mail ci ringraziano per aver portato sulle loro tavole un prodotto fatto a mano veramente genuino.”

Volenti o nolenti vi siete ritagliati il ruolo di ambasciatori del Made in Italy.  Se potesse parlare con il mondo della politica cosa gli suggerirebbe?

“Semplicemente gli direi di lasciare in pace le piccole e medie aziende – in particolare sotto i 10 dipendenti – che rappresentano oltre il 90% del tessuto imprenditoriale italiano e che oggi subiscono una tassazione improponibile. Liberarle da lacci e lacciuoli burocratici che rappresentano una vera zavorra, offrendo loro la possibilità di stipulare  contratti snelli che permetterebbero di assumere nuova forza lavoro. Sinceramente di questi tempi non mi sembra poco”.

Lasciamo Francesco Severoni  al suo lavoro, pardon alla sua passione, con la promessa di andare presto a trovarlo.

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