Oncologia integrata, una realtà terapeutica finalmente possibile

La dottoressa Maria Rosa Di Fazio è medico oncologo, responsabile del Servizio di Oncologia Integrata del Centro medico internazionale SH Health Service di San Marino. È inoltre visiting professor al master di oncologia integrata dell’Università di Catania, dove insegna “Alimentazione del paziente oncologico”, e a quello di ossigeno-ozonoterapia di Tor Vergata, dove insegna ozonoterapia applicata all’Oncologia. In un’epoca come quella attuale, abbiamo pensato di chiederle di collaborare con la nostra testata per temi e approfondimenti che possano aiutare a conoscere il nostro organismo e i meccanismi che lo riguardano. E per poter vivere in tutta salute e benessere.

 

Cos’è l’oncologia integrata

Quando parlo di Oncologia integrata, quella che applico al centro SH Health Service di San Marino, che dirigo dal 2015, scateno di norma due reazioni: chi ignora che cosa sia mi guarda stupito, pensando a chissà quali tecniche avveniristiche di là da venire. Ma questa è solo legittima ignoranza, perché così non è. Mentre chi sa più o meno cos’è, ma si rifiuta di riconoscerla, la definisce con disprezzo “alternativa”. Lo fanno ahimè molti e direi fin troppi colleghi oncologi protocollo-centrici, alcuni dei quali – mi è stato riferito – mi danno della “ciarlatana”.

L’oncologia integrata – vorrei ricordarlo proprio a quei colleghi – è materia studiata in 54 delle maggiori università statunitensi e viene praticata nei migliori centri oncologici non soltanto americani, ma di tutto il mondo: dalla Gran Bretagna alla Cina, da Israele alla Germania.

Su questo fronte l’Italia è purtroppo molto indietro, fatto salvo l’esempio virtuoso della Regione Toscana, dove le terapie integrate vengono addirittura rimborsate dal Servizio Sanitario. E questo con sensibili risparmi, dal momento che i pazienti, grazie a una migliore qualità della vita e di conseguenza a una ritrovata autonomia, finiscono per pesare di meno, sul lungo periodo, sui conti pubblici.

Ma per capire di che cosa parlo e di quale sia il mio modello, bisogna varcare l’Oceano e andare a vedere che cosa fanno i colleghi del Memorial Sloan Kettering di New York, da almeno mezzo secolo il “faro” più luminoso dell’oncologia a livello mondiale.

L’oncologia integrata negli Stati Uniti

Sulla First Avenue di Manhattan opera appunto una delle divisioni più prestigiose dell’MSK, il Bendheim Integrative Medicine Center, dove ai pazienti in trattamento chemioterapico viene fornita ANCHE una “integrazione” di diverse cure, le più disparate, nella corretta e ippocratica convinzione che non si debba curare soltanto la specifica neoplasia da affrontare – al seno, alla prostata, al polmone, a seconda di qual è l’organo colpito – ma semmai prima la persona nella sua interezza. Con un approccio olistico, che cioè consideri il paziente per quello che è nella sua interezza, a 360 gradi.

Da un lato per difenderlo dagli oggettivi effetti collaterali delle terapie tradizionali, facendole così “lavorare” decisamente meglio, in modo sinergico, al fine della guarigione; e dall’altro per ridurre al massimo ansia, depressione, stress, affaticamento fisico e psichico.

Non è quindi medicina “alternativa”, come la chiamano gli ignoranti (detto non in senso offensivo, ma in quello letterale della parola, di quelli che cioè ignorano), ma Scienza Medica da scrivere doverosamente con le iniziali maiuscole. Anzi, è la più avanzata, è quella del futuro, anche se ricorre spesso all’aiuto di tecniche antichissime, perlopiù orientali: dall’agopuntura ai massaggi, dallo yoga alla musicoterapia, dal Tai Chi alla meditazione. Senza ovviamente mai dimenticare i regimi alimentari mirati.

Niente fantascienza, insomma. Né tantomeno ciarlataneria.

Nel mio piccolo, nel Servizio oncologico che dirigo ho raccolto e coordino un pool di bravissimi colleghi specializzati in diverse branche, tutte naturali, come per esempio ozonoterapia, idrocolonterapia, micoterapia, psico-oncologia, agopuntura, riflessologia plantare, massaggi shiatsu, nutrizione. È una gamma di tecniche volte appunto a ottimizzare l’effetto terapeutico dei chemioterapici che dovrò usare su misura, paziente per paziente; proprio per farglieli sopportare meglio e per farli agire al massimo delle loro potenzialità.

Non ho inventato niente: è quello che fanno al Bendheim di New York, dove sono gli stessi malati in chemioterapia, informati prima dallo staff medico sui diversi vantaggi delle rispettive tecniche, a testarle e a capire quale o quali siano le più consone al loro rispettivo equilibrio psicofisico. Parlo di risultati inequivocabili, scritti nero su bianco nelle cartelle cliniche dove vengono riportati i dati dei pazienti, con il “prima” e con il “dopo”.

Sfido chiunque a dimostrarmi – prove alla mano, con risultati concreti, non a parole – che integrazioni naturali di qualità, e soprattutto mirate e personalizzate, fatte da uno specialista oncologo che conosce il proprio lavoro, vadano in conflitto con i chemioterapici. È semmai vero l’esatto contrario. Io lo vedo da anni, tutti i giorni: così i farmaci “lavorano” meglio. Con l’ulteriore risultato che il paziente, trovandosi con minori effetti collaterali, ha una qualità della vita notevolmente migliore.

Il metodo di Lagarde

Da noi, grazie al metodo di terapia integrata ideato più di trent’anni fa dal mio Maestro, il professor Philippe Lagarde, riusciamo ad abbattere gli effetti collaterali dei chemioterapici del 70%. Compresa la caduta dei capelli. Perché si può evitare anche quella, basta volerlo. E a costi più che accettabili, soprattutto in considerazione della forza interiore – e quindi “terapeutica” – che viene al paziente dal non vedersi privato dei suoi capelli. Anche in considerazione del fatto che quella calvizie improvvisa e prematura si trasforma nell’evidenza di una patologia tumorale in corso che ancor oggi, in molti ambienti di lavoro, può essere causa di discriminazione anziché di umana solidarietà. Aggiungo una cosa: molti pazienti, soprattutto donne, mi raccontano divertiti che quando poi fanno ritorno per la prima volta nelle loro oncologie territoriali di riferimento, trovano medici increduli che, una volta letti sulla mia lettera di dimissioni i farmaci usati (gli stessi chemioterapici che usano loro, pur se noi lo facciamo con modalità, tempistiche e dosaggi diversi) hanno tirato loro i capelli convinti che si trattasse di una parrucca.

Quindi ripeto: l’oncologia integrata si può fare. Basterebbe volerlo, basterebbe ragionare, basterebbe informarsi, basterebbe forse soltanto voler ritornare a studiare.

Somministrandoli nei giusti momenti, in base alla composizione della chemio e alle sedute di infusione, si ricorre a integratori naturali, a vitamine purissime prive di eccipienti – quindi biodisponibili al 100% – che aiutano ad abbattere l’acidificazione dell’organismo. Ma servono anche a probiotici volti a riportare il microbiota in uno stato virtuoso di eubiosi. Perché senza un intestino in ordine e senza un sistema immunitario vigile e funzionante non si va da nessuna parte. L’ulteriore vantaggio è che sono integratori che poi il paziente potrà assumere facilmente anche a casa, seguendo la posologia suggerita.

Dell’oncologia integrata fa ovviamente parte irrinunciabile il regime alimentare, anch’esso individuale, che per ogni paziente dovrà diventare appunto il “suo” regime, da non confondere con una banalissima “dieta” standard buttata giù su un modulo prestampato, una del genere “a colazione fette biscottate con un velo di marmellata e yogurt alla frutta”. Dieta inutile, oltre che dannosa, in quanto destinata ad avere un termine. Anche le parole hanno infatti un valore terapeutico; e se io uso e sottolineo la parola “regime” è proprio per dire che se si vuole ridurre al massimo l’incubo della recidiva è necessario seguire quel regime per sempre, pur concedendosi – se e quando è possibile – alcuni legittimi “strappi” che sono al tempo stesso consolatori e gratificanti per i risultati raggiunti. Regimi alimentari, strappi inclusi, pensati in modo tale che i pazienti possano seguirli facilmente non solo a casa ma perfino al ristorante, se è loro imposto spesso, per esempio, da motivi di lavoro. Anche questa è oncologia integrata.

Per maggior informazioni:
Sconfiggere il male – 100 domande e risposte
Il cibo che cura, il cibo che ammala

 

 

 

 

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