Verbania, un progetto-processo di economia circolare urbana

Verbania vanta un’importante tradizione di qualità nelle politiche ambientali risultando spesso ai primi posti delle città più verdi e vivibili d’Italia nella classifica nazionale di Legambiente, ovvero della sua ricerca annuale sulla vivibilità ambientale dei capoluoghi di provincia italiani realizzata in collaborazione con l’Istituto di Ricerche Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore. Questa particolare attenzione all’ambiente si sta rafforzando e rinnovando negli ultimi anni anche rispetto alla convergenza di intenzioni con altri operatori del territorio, tra i quali la cooperativa Mani Tese, che agisce sia a livello nazionale che internazionale in progetti di economia sociale con particolare attenzione al riuso e riciclo. L’amministrazione comunale con il sindaco della città, Silvia Marchionini (recentemente rieletta per il secondo mandato nelle elezioni amministrative), ha avviato un originale percorso di integrazione tra l’implementazione delle pratiche di riuso e riciclo e l’approccio tecnico-strategico che deriva dalla ricerca di cui al libro e alla piattaforma “Riusiamo l’Italia” www.riusiamolitalia.it. L’esperienza realizzata in questi anni da Mani Tese ha consentito di sperimentare il commercio di beni e oggetti: abiti usati, mobili, oggetti per la casa, stoviglie, suppellettili, attrezzi, e così via. Tre anni fa la cooperativa ha promosso un primo convegno sui temi del riuso coinvolgendo esperti a livello nazionale, con l’idea di dare una nuova forma, più compiuta e organizzata a questa esperienza. Lì è nata la conoscenza reciproca e l’intenzione di andare avanti. Successivamente l’amministrazione comunale ha promosso lo studio di fattibilità, che fosse centrato su un’idea più ampia del semplice centro di riuso. Il tema, infatti, è quello di fare del riuso un’occasione per generare progetti di senso nel tessuto urbano, attraverso la riabilitazione di spazi e la creazione di occasioni molteplici per aggregare nuovi interessi e anche soggetti diversi. Il progetto che ne è scaturito ha così espresso linee di fattibilità da implementare e approfondire con altre verifiche operative con gli attori delle possibili nuove filiere del valore. Esso offre quindi la possibilità di confrontarsi su una visione di città che si può e si deve rigenerare intorno ai suoi asset dismessi o sottoutilizzati e ha l’obiettivo di innescare un processo di aggregazione di operatori vecchi e nuovi sui paradigmi emergenti della cosiddetta “economia circolare”. Ora si avverte una forte esigenza di accelerazione e ciò ha indotto Mani Tese all’organizzazione della Tavola Rotonda “Rifiuti ? No grazie! Verso una città più solidale e a rifiuti zero” al Teatro Maggiore, venerdì 2 agosto con la presenza di: Alessio Ciacci Amministratore consorzio Minerva, personaggio ambiente 2013; Roberto Tognetti Architetto, iperPIANO; Silvia Marchionini Sindaco di Verbania; Riccardo Brezza Assessore alla cultura di Verbania; Giuseppe Grieco Amministratore ConserVCO; Renato Conca Coop ManiTese. Un’occasione che ha rinnovato i livelli di sfida per il futuro per una più concreta applicazione nella riduzione di scarti e rifiuti abbracciando in modo deciso i modelli più fattibili e concreti di economia circolare, per esempio attraverso l’applicazione della tariffa puntuale, la riduzione dei rifiuti ingombranti, l’implementazione delle politiche di rigenerazione urbana, l’attenzione alle nuove tecnologie, lo sviluppo delle attività connesse al Polo del riuso.

Con l’espressione Polo del riuso si può individuare il campo di azione, che contiene, certamente, il centro del riuso. C’è però anche l’esigenza di dare cittadinanza ad altre esperienze. L’ipotesi è che una volta organizzata la filiera del riuso, impiantati i laboratori, realizzato il punto vendita, possano nascere lì dei percorsi formativi legati alla sostenibilità, al ciclo di vita dei prodotti e dei materiali, all’ecodesign, al bricolage dei materiali riciclati. Nell’insieme serve ospitare altre esperienze incrociando e intrecciando competenze e storie diverse di persone capaci di operare nel riuso anche al fine di creare comunità di pratica. È importante in tal senso anche l’aspetto della convivialità, con la presenza di un punto di ristoro, di un bar, in modo che possano rafforzarsi esperienze e metodi collegati al piacere di stare insieme. L’investimento deve puntare a configurarsi come riferimento per creare coesione socio-economica intorno ai soggetti svantaggiati, ma anche come un luogo riconoscibile della città, capace di produrre senso e relazioni nuove. Si tratta di aspetti relazionali complessi, che richiedono un approccio di tipo incrementale per definire un rapporto con la città che non può essere né frettoloso, né automatico.

L’impatto con il tessuto urbano e le politiche urbanistiche è un tema molto importante per una città come Verbania. A fronte della prima “mappatura del vuoto urbano” costituita da oltre 100 spazi costruiti e non più utilizzati http://www.comune.verbania.it/Comunicazioni/Riusiamo-Verbania, è stata trasferita la banca dati che l’ufficio tecnico aveva già predisposto, sull’immagine di tipo satellitare utilizzando il colore rosso, in questo modo è emersa una visione campeggiata da una moltitudine di punti rossi, paragonabile a una “città con la scarlattina”, se si vuole usare una metafora sanitaria di tipo “pop”. Il tema degli spazi, del loro riutilizzo e rifunzionalizzazione, è dunque centrale, a Verbania come nel resto d’Italia, come è stato dimostrato nel libro scritto insieme a Giovanni Campagnoli.

Come evoluzione del percorso innescato dal progetto Riusiamo Verbania si è arrivati nel 2019 all’adesione al Concorso EUROPAN 15. “Dall’ex-Acetati alle nuove sfide produttive” è il tema scelto dalla città per indagare la rigenerazione graduale del comparto produttivo industriale il cui declino e abbandono è ben visibile all’interno del tessuto urbano. La Federazione Europea di EUROPAN, organizza il più grande concorso internazionale per giovani professionisti che si svolge ogni due anni nell’ambito dell’architettura, dell’urbanistica, del paesaggio e dell’ambiente. Con Europan 15 il tema delle Città produttive, lanciato nella precedente edizione, fa il bis concentrandosi in modo più specifico sul tema della “transizione ecologica” legata a una visione produttiva, capace di produrre cultura, lavoro, urbanità da spazi anche marginali o dismessi ma strategici per uno sviluppo sostenibile della città del futuro. 47 Siti in tutta Europa con la partecipazione di 12 paesi europei. Promotori delle aree italiane sono le Città di Laterza e Verbania con due situazioni molto interessanti poste agli estremi della penisola, (ved. http://www.europan-italia.eu/EUROPAN_15/verbania.html). Allo scadere della presentazione dei progetti a fine luglio sono arrivate ben 16 proposte per Verbania.

Europa 15, lo scenario europeo delle città che si sono candidate nel 2019.
Il compendio produttivo oggetto del concorso è da decenni “l’area-problema” di Verbania ed è al tempo stesso l’area con le maggiori potenzialità per la riqualificazione complessiva della città. Di proprietà della società Acetati risulta dismesso dal dicembre 2010 e compatibilmente con le vicende di procedura fallimentare in corso, sono in fase di completamento gli iter di bonifica ambientale. Lo scorso autunno il comune di Verbania in via preventiva ha accolto la proposta preliminare di trasformazione e riqualificazione del sito produttivo dismesso, prevedendo aree sia pubbliche che private con un significativo mix di attività, dove oltre ad una prima cellula del “Polo del riuso” vengono avviate attività commerciali, artigianali, per l’innovazione, per lo sport e il tempo libero.

Trattandosi di un progetto-processo di economia circolare urbana il Polo del riuso assume altresì il ruolo di “ricerca progettuale”, anche perché in Italia, al momento, non esiste un modello facilmente replicabile. Nello studio si riportano diversi casi, alcuni italiani, altri stranieri, alcuni grandi e pioneristici, altri piccoli, compresi casi di comunità di pratica che rimandano alla stessa sfera semantica, come nel caso dei “repair café”. Il caso italiano, ci si è resi conto, non può replicare goffamente quello nord europeo, perché richiederebbe investimenti ingenti che per ora, risulterebbero di difficile programmazione. La questione richiede quindi uno sforzo di progettazione in più e la ricerca di nuove connessioni tra soggetti ed esperienze diverse, oltre a un lavoro di assimilazione e rielaborazione da parte delle istituzioni locali, che è quello che sta accadendo a Verbania in questi anni. Se poi si tiene presente anche il riuso degli spazi, il tema porta con sé ambiti di totale sperimentazione come la sostituzione edilizia per esempio attuando varie tipologie di intervento tra decommissioning e smontaggio dei manufatti, finalizzati al recupero di materiali, semilavorati e componenti. Si tratterebbe di attività aperte all’innovazione e all’emersione di nuovi soggetti specializzati che potrebbero rivelarsi degli importanti serbatoi di nuova occupazione.

L’esperienza in corso a Verbania dunque, può diventare un caso pilota per tutto il paese e un’occasione per superare una visione ristretta del riuso e dei centri di riuso, sia per quanto riguarda il modello realizzativo, ancora in buona parte da costruire con successivi approfondimenti, sia per quanto riguarda il modello di convergenza tra attori: Cooperativa sociale, Amministrazione locale e operatori di settore che si sta realizzando.

Considerando l’area Ex Acetati e gli altri spazi vuoti e inutilizzati, si può dire che le 100 situazioni censite per una città di 30.000 abitanti sono davvero tante. C’è di tutto: edifici industriali abbandonati, complessi di servizi terziari dismessi, fabbricati ex commerciali, ex cinema, un parcheggio pluripiano non completato, ecc. Complessi sia pubblici che privati e tra questi una rilevante quantità di edifici residenziali tra cui ville e villini dell’ottocento o dei primi decenni del novecento in discrete condizioni di conservazione e spesso collocate in straordinarie posizioni con vista lago. Nell’attuale squilibro tra scarsa domanda e abbondanza di offerta, il mercato si è cristallizzato in una prolungata condizione di prudenza, incertezza e attesa, assai vicino all’immobilismo. Ora introducendo il concetto di economia circolare serve cambiare visione e prendere atto che innescare la rigenerazione di questi spazi vuoti può diventare un’occasione di sviluppo sostenibile anche attraverso forme di riuso temporaneo e/o di riuso creativo. In tale ottica servirebbe identificare i casi dove il riuso si può fare con poche risorse, per esempio in immobili di recente dismissione dove davvero con modesti interventi manutentivi o adattivi è possibile riattivare anche parzialmente uno spazio. Si sono moltiplicate in questi anni le esperienze di affidamento ad associazioni, cooperative, start up, che in condizioni concordate definiscono forme negoziali che portano vantaggi sia ai proprietari che ai riutilizzatori. In questo modo il proprietario può essere alleggerito dalle spese ordinarie e gli affidatari non devono affrontare costi gravosi per l’acquisizione di una sede per svolgere le loro attività, il bene intanto viene curato e manutenuto e comunque gli accordi tra le parti possono sempre prevedere la possibilità di interruzione di utilizzo nel caso in cui vi siano altre opportunità di investimento, transazione o altro. Dentro questo schema tutti si devono avvantaggiare almeno un po’, per poi magari scoprire che ci sono aree di business inesplorate. Basta pensare a tutte quelle forme di turismo esperienziale che si stanno sviluppando in modo cosiddetto “disintermediato” rispetto ad una nuova domanda che non cerca più l’albergo o le forme ricettive tradizionali. Quante start up potrebbero nascere prendendo in gestione qualcuno dei siti vuoti o qualcuna delle ville abbandonate per svolgerci una nuova attività e ricavarci un reddito? È su questo che bisogna accelerare lo scambio, fare contaminazione, uscire dagli stereotipi e abbandonare i vecchi schemi, per andare verso un sistema di economia circolare veramente dinamico. Ecco perché il Polo del riuso non è solo l’infrastruttura dove avviene il riciclo, ma deve diventare l’attivatore di una serie di processi che sviluppano “circolarità” in senso sia economico che sociale.

Quanto all’utilizzo della piattaforma Riusiamo l’Italia, va ricordato che essa definisce tre ambiti operativi: per il caricamento di situazioni da offrire cliccando “Proponi il tuo spazio”, per l’utilizzo di un motore di ricerca scegliendo “Ricerca avanzata di spazi” e per l’identificazione di specifici progetti selezionando “Gli interventi”. La cosa più utile e interessante in questa fase è quella di allargare l’offerta contribuendo così a popolare la mappa del maggior numero di situazioni possibili. Più si caricano edifici da riutilizzare e più si aiuta il rilancio del sistema-paese, soprattutto per la valorizzazione dei suoi infiniti talenti. Il target perfetto è costituito da situazioni di abbandono o dismissione “quasi” pronto-uso, ovvero casi dove i costi e gli oneri di riabilitazione siano nulli o bassi e dove quindi i tempi di colonizzazione dei luoghi siano davvero veloci. La mappa è gratuita ed è semplice da usare, la compilazione del percorso “Proponi il tuo spazio” avviene prevalentemente attraverso parametri pre-definiti da scegliere cliccando le opzioni che ricorrono. Ciò porta progressivamente a comprendere che non si tratta di un mercato di transazioni immobiliari, ma viceversa di uno strumento per accelerare processi di creazione del valore, processi che possono e devono essere innescati da attività anche di riuso temporaneo, riuso creativo, attività insomma dove sono “i valori” dei contenuti a ripristinare “il valore” dell’immobile e non il contrario.

Roberto Tognetti

Fonte Italiacircolare.it

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