L’allevamento cinofilo, il progetto di Clc Italia

La situazione dell’allevamento cinofilo nel nostro paese non è delle migliori. Una legislazione per certi versi assente, poca attenzione al sottobosco degli allevamenti abusivi, una scarsa se non nulla conoscenza della genetica, hanno fatto in modo che molte razze siano alle prese con scarsa longevità e problemi di salute sempre più pressanti. In questo panorama non certo invidiabile si fa luce la voce di Clc Italia e del suo database sul cane lupo cecoslovacco. Un’iniziativa lodevole che si sta sviluppando nel migliore dei modi. Cediamo la parola, quindi, ad Alessio Camatta che del progetto è il fondatore e il responsabile.

 

1) Come e perché è nato Clc Italia

Sono convinto che la maggior parte degli utenti non conoscano esattamente le origini di CLC-Italia. Sono stato, tra il 2011 e il 2012, consigliere del Club Cane Lupo Cecoslovacco, associazione riconosciuta dall’ENCI (Ente Nazionale Cinofilia Italia) per la tutela della razza in Italia. In quel breve periodo ho sostenuto, insieme a una parte del direttivo, una forte spinta a mettere in atto diverse iniziative per fornire come associazione, strumenti e informazioni utili ad un allevamento consapevole e responsabile. Una di queste iniziative era proprio la costituzione di un Database di razza integrato con tutta una serie di strumenti e possibilità di esplorazione più pragmatico dell’allora unico database esistente, wolfdog.org, che ormai veniva gestito in modo poco soddisfacente per una pubblica utilità.
Fu mia personale cura produrre un progetto insieme ad un professionista informatico di una possibile strutturazione di un nuovo database per la razza, e presentarlo al direttivo dell’associazione. Erano i primi mesi del 2012, e questo fu davvero il germoglio da cui è nato CLC Italia.
Nella seconda metà di quell’anno si accese una lotta intestina nell’associazione, lotta da parte di metà del direttivo ad affossare le iniziative che con il gruppo di “consiglieri attivi” stavo portando avanti, e che erano state in un primo momento approvate, tra tutte il database appunto e il progetto di profilazione genomica della razza (poi realizzato e pubblicato con ISPRA e vari dipartimenti universitari tra il 2016 e 2018).
Conclusa la nefasta esperienza di apportare innovazione tramite le figure della cinofilia ufficiale, decisi di portare comunque avanti le iniziative progettate in cui credevo fermamente. Una parte dei consiglieri che mi avevano sostenuto continuarono a farlo, anche e soprattutto economicamente ed è così che prese forma la prima versione di CLC Italia come lo si conosce oggi. Rimaneva un problema cruciale, popolare la struttura creata con le informazioni genealogiche di tutti i cani, partendo dai founders fino ai giorni nostri. Fondamentale fu il dono di un allevatore slovacco, che mi donò il report di allevamento del primo decennio (1982-1991) di allevamento civile della razza. Venivano riportate tutte le cucciolate (che allora erano le uniche a livello mondiale), e tutti i pedigree dei cani usati provenienti dalla selezione militare. Mi fu possibile quindi ricostruire tutta le genealogia della razza dal 1958 al 1991, e da qui ai primi cani importati in Italia, e da questi con un metodo logico/analitico, in 8 mesi di lavoro riuscii a ricostruire tutta la popolazione italiana. Quindi il 17 luglio 2013 il portale veniva messo on-line.

2)Perché hai dato molto spazio alla salute dei vari soggetti nel database, fornendo coì all’utente un servizio indispensabile?

Inizialmente lo spazio era limitato a informazioni circa Displasia dell’anca, del gomito e test genetici per Mielopatia Degenerativa e Nanismo Ipofisario. Ma da anni raccoglievo tutti i tipi di informazioni circa anomalie e problemi di salute. Mi resi conto che l’aspetto salute di un cane di razza è molto complesso e molto più vasto di quella manciata di esami e test che la cinofilia ufficiale richiede, come requisito espletato il quale, tutto il resto è lasciato al caso.
Nel corso degli anni le mie occasioni di contatto con ambienti scientifici e universitari si moltiplicarono e cominciarono a farmi vedere come doveva essere un approccio serio, all’allevamento di un Pet, un compagno di vita, in cui la salute gioco un ruolo cruciale nel benessere sia dell’animale che della persona che decide di prenderlo per il piacere di condividerne la vita. Così nel 2016 venne pubblicata la versione 2.0 di CLC Italia con una struttura atta a registrare tutti i tipi di problematiche fino ad allora riscontrate nella razza. Ormai sapevo che per affrontare qualsiasi soluzione ad un problema di allevamento, la cosa fondamentale era avere dati su quel problema. In questo senso CLC Italia raccoglie qualsiasi tipo di informazione associandola al cane, in un sistema relazionale che permette poi di utilizzare questi dati a livello scientifico. Allo stesso tempo, l’idea è quella di fornire informazioni utili a tutti gli amanti della razza ma soprattutto cercare di spezzare quel dannoso paradigma proprio della cinofilia, soprattutto ufficiale, in cui si parla solo di premi e vittorie, mentre gli aspetti scottanti e deleteri vengono sistematicamente minimizzati o volutamente nascosti.

3) Cos’è il WGI project e come funziona

Il WGI project possiamo dire che rappresenta la finalizzazione delle potenzialità di un database di razza come CLC Italia. Infatti, il legame tra le due figure è inscindibile. Attraverso il WGI project avviene il fattivo utilizzo delle informazioni, che CLC Italia raccoglie, in ambito scientifico e zootecnico. Il progetto ha per fulcro fondamentale il U-WGI Software, sviluppato nel 2015 attraverso una convenzione con Università di Padova, Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione, con responsabile scientifico il Prof. Paolo Carnier, Professore Ordinario di Zootecnia generale e miglioramento genetico.
Questo software, lavorando con il dato genealogico di tutta la popolazione completa a partire dai founders, permette di fare valutazioni di Genetica Applicata, analogamente come avviene ormai di default nelle specie zootecniche da reddito da decenni, in funzione di un miglioramento genetico gestito su base scientifica (e non empirica come avviene in cinofilia), in cui la gestione della consanguineità e dei fenomeni di popolazione (due aspetti ignorati in cinofilia) assumono un ruolo centrale perché determinano la salute, fitness, capacità adattativa di una specie sottoposta a selezione artificiale. Ovviamente lavora su caratteristiche per cui ci sono dati in qualità e quantità statisticamente rilevanti. Attualmente siamo in grado di lavorare su Coefficiente di Consanguineità, Variabilità Genetica, Statura, Displasia dell’Anca, Prolificità, Indice di Formato e di Altezza (due rapporti morfologici). In fase di messa a punto (mancano ancora un po’ di dati) abbiamo un modello genetico per la Longevità, che noi riteniamo un cardine cruciale per l’allevamento di un Pet.
Come funziona questo software? Utilizzando tutti i dati per ciascuna caratteristica e tutti i legami di parentela della popolazione, calcola una media di popolazione e per ciascun cane il proprio valore genetico stimato, ossia la probabilità che il cane ha di trasmettere geni che migliorano o peggiorano rispetto alla media di popolazione. Questo viene fatto applicando modelli che permettono di stimare e scremare gli effetti ambientali per le caratteristiche. Questi indicatori, usati in maniera sistematica permettono il progresso genetico e la gestione degli effetti indesiderati legati agli aumenti della consanguineità. Non si tratta di fantascienza, come per la maggiore viene percepito nell’allevamento cinofilo, ma di una scienza applicata con successo ormai da decenni in altre specie. E non c’è motivo alcuno per cui, con i dovuti aggiustamenti, non possa ugualmente essere applicato alle caratteristiche importanti per l’allevamento di animali da affezione.
Il WGI project è quindi una sinergia di allevatori che utilizza il software fattivamente per pianificare in maniera unita i propri accoppiamenti con quelli degli altri in maniera da produrre nuove generazioni di cani con un approccio scientifico e zootecnico. Inoltre, fornisce consulenze anche a chi fa poche cucciolate di modo che possa usufruire del know-how, e delle potenzialità del software anche nella pianificazione di un singolo accoppiamento. Siamo pionieri in questo campo, ma convinti della nostra strada, anche incoraggiati dal fatto che The Kennel Club, l’associazione cinofila britannica, la più longeva al mondo, dal 2018 sta lavorando per integrare un sistema analogo nel loro database istituzionale. Anche Finlandia e Norvegia hanno recente cominciato a integrare biotecnologie al servizio dell’allevamento cinofilo.

4) Secondo te quali sono le caratteristiche indispensabile di un buon allevatore?

Alla luce del mio percorso allevatoriale, iniziato nel 2009 con tutte le nozioni e i dogmi che ancora oggi dominano l’allevamento cinofilo, poi evoluto come si può intendere da quanto esposto più sopra, devo ammettere che la mia visione è radicalmente cambiata e le caratteristiche che vorrei da un buon allevatore sono rarissime.
Sembra un assurdo ma come dovrebbe essere logico in qualsiasi settore, un professionista (sia nel senso fiscale che di approccio) dovrebbe conoscere la materia principale che sottende l’attività. Nell’allevamento questa materia è la GENETICA nel senso più ampio del termine. Quando si accoppiano degli animali si “gioca” inevitabilmente con i geni. Non avere una solida base in questo campo per me è ormai inammissibile eppure è la regola. Al massimo si ha conoscenza delle leggi di Mendel e sembra che in allevamento cinofilo questo basti, unito a conoscenza empirica, tradizioni e concetti tramandati oralmente, a tutelare e gestire una razza. Ma non è così, lo sfacelo di moltissime razze è sotto gli occhi di tutti e ne è la prova lampante. E di questo sono, prima degli allevatori, responsabili gli Enti preposti a questi scopi, a partire da ENCI e tutte le Società Specializzate che sono cristallizzate a difendere un sistema ormai obsoleto e incapace di dare risposte concrete alle problematiche delle popolazioni.
Per me un buon allevatore deve avere una buona conoscenza della GENETICA DELLE POPOLAZIONI e quindi tutti i fenomeni correlati, affinché il suo lavoro si possa integrare realmente nel concetto di miglioramento e tutela di una Razza. Deve essere ben disposto quindi, a collaborare con gli altri allevatori al servizio della Razza. Un buon allevatore è per me quello che parla con serenità delle problematiche della Razza e quindi anche dei propri cani (non esiste allevamento, linea esente da problemi). Un buon allevatore è chi non mentre al centro della propria selezione i risultati delle Esposizioni di Bellezza, che hanno il loro senso, ma non possono rappresentare il fulcro della selezione in un sistema che si basa su scienza e razionalità. Un buon allevatore è colui che sa integrare tradizione, con innovazione e ricerca. Non da ultimo un buon allevatore deve aver sviluppato una buona conoscenza della razza in generale, quindi aver viaggiato, usato cani di diverse linee, quindi voglia di sperimentazione. Inversamente il peggior tipo di allevatore, come danno al patrimonio genetico di una razza, è colui che rimane sempre fermo a usare riproduttori delle stesse linee e famiglie, perché gli garantiscono un livello morfologico e generale soddisfacente e quindi vendibile commercialmente. Questo approccio distrugge la Variabilità Genetica delle razze, causa aumenti sconsiderati di Consanguineità e tutti i fenomeni negativi correlati.

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