Il manifesto di Assisi

Esistono dei luoghi e dei momenti che, in qualche modo, cambiano la nostra storia.

Venerdì 24 gennaio 2020 è stato il momento, Assisi il luogo. Veniamo al perché. È questa la data che ha infatti ufficialmente lanciato il “Manifesto di Assisi”, annunciato proprio presso il Sacro Convento, alla presenza delle massime cariche istituzionali, politiche e imprenditoriali sia nazionali che europee. “Io ho fatto la mia parte”, disse il Santo al termine del suo percorso terreno. Ora i suoi “eredi francescani” stanno svolgendo la loro. Il “Tau Verde” che è stato donato a tutti i firmatari del Manifesto rappresenta proprio questo impegno ambientalista, ormai non più rimandabile da parte dell’intera Umanità. Il Tau, ultima lettera dell’alfabeto ebraico, rappresenta infatti per la comunità cristiana, e per i francescani in particolare, la croce e un simbolo di redenzione, di salvezza.

“Ora tocca a noi”, dicono a una voce Padre Enzo Fortunato ed Ermete Realacci, primi firmatari del Manifesto, presentandolo a una folta platea di convenuti nel salone Papale del Sacro Convento di Assisi. “Mentre a Davos i potenti dell’economia mondiale, con grave ritardo, sono costretti a fare i conti con la crisi climatica, settecento chilometri a sud il Sacro Convento di Assisi tiene a battesimo una nuova inedita alleanza tra imprese, società, culture, valori: il Manifesto per un’economia a misura d’uomo contro la crisi climatica”.

In effetti, Davos è diventato punto di riferimento del dibattito internazionale solo da un po’ di tempo, mentre Assisi fin dal Medioevo è la culla mondiale della cura del pianeta. Quando non sapevamo neanche che esistesse Davos, ad Assisi già si tutelava l’ambiente. Ed è significativo che il Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, abbia rinunciato ad andare a Davos, mentre fosse presente nel contemporaneo evento di Assisi. Conte ha portato l’impegno del Governo italiano in quello che viene definito il Green New Deal. Ma il Green New Deal è un impegno anche europeo, come ha affermato ad Assisi David Sassoli, Presidente del Parlamento Europeo, annunciando ben 50 provvedimenti legislativi che stanno per essere emanati nei prossimi due anni in favore dell’Economia Circolare europea. E finalmente anche la finanza mondiale si muove. Basti pensare al recente e solenne impegno del potente fondo di investimento “BlackRock” che intima ai manager e agli imprenditori non solo di indirizzare le loro aziende verso impegni concreti di sostenibilità aziendale ed economia circolare, ma soprattutto di comunicare questo impegno per creare consapevolezza ed emulazione e condurre così a un paradigmatico cambiamento dell’economia mondiale.

“Questo manifesto è già di per sé una forma di politica industriale. Basti pensare all’Enel, primo produttore di energie rinnovabili al mondo, che ha fatto suo il senso del Manifesto. Non perché Enel sia ‘buona’, ma perché ha compreso e correttamente interpretato il senso del cambiamento. Ora, questa politica industriale deve trasformarsi in politica vera e propria”. Così Ermete Realacci, Presidente della Fondazione Symbola, riassume efficacemente le ragioni che hanno portato alla sua stesura e alla sua promozione.

Il Manifesto di Assisi vuole essere un modo per coagulare le forze sane, le intelligenze, le competenze e le volontà della Società Civile attorno a un obiettivo comune e imprescindibile: creare un’economia più forte, ma sostenibile, a fronte della crisi climatica in atto che chiede velocemente un efficace ed efficiente cambiamento di paradigma socio-economico. Ermete Realacci sottolinea lo spirito che ha contraddistinto il Manifesto: “Dobbiamo contribuire a costruire una cultura diffusa per un clima a misura d’uomo. Si tratta, tra l’altro, di una specificità italiana ed europea. Italiana perché abbiamo certamente molti problemi nel nostro Paese, ma non c’è nulla che non possa essere corretto con quello che di buono già abbiamo a disposizione. Basti pensare che nell’economia circolare siamo di gran lunga superiori alla media europea e un terzo delle imprese italiane ha fatto investimenti che hanno a che fare con l’ambiente. E queste imprese sono quelle che innovano di più, esportano di più e producono più posti di lavoro”.

Nel suo dotto intervento il Professor Stefano Zamagni, economista e Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, richiama il concetto di “misoneismo”, quell’atteggiamento spesso diffuso di avversione verso ogni novità, soprattutto in campo politico e sociale: “Il cambiamento è un processo, non un salto. L’errore è spesso quello di cercare di arrivare velocemente agli obiettivi, alle conclusioni, mentre si deve dare più peso alla via, alla transizione. In questo modo, si riduce anche il contagio e l’interferenza del misoneismo”.

“Che futuro vogliamo per i giovani?”, si chiede in chiusura Padre Fortunato. “I figli ce li ha il ricco imprenditore, come la mamma vedova dell’operaio; il residente nel mondo più ricco e civilizzato e quello che sta nel cosiddetto Terzo Mondo. E sono, siamo, tutti sullo stesso Pianeta. Lo sforzo per cambiare il paradigma deve essere di tutti, a partire soprattutto dal mondo più ricco, che ha più mezzi a disposizione e, in fondo, ha un impatto ambientale maggiore, inquinando e consumando risorse in modo esponenziale”.

Il Manifesto di Assisi, adesso, deve diventare un modo di fare le cose. Per bene. E per il bene.


Alessandro Paciello, autore dell’articolo

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